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in onda domenica 6 ottobre 2013 alle 13:20

Il Risorgimento può essere studiato oggi anche da un vista artistico, un po’ come il Rinascimento? In questo periodo intellettuali e artisti si impongono come protagonisti anche sulla scena politica: i nomi di Verdi, Manzoni, Fattori sono spesso accostati a Mazzini, Cavour o Garibaldi. Di questi argomenti, tra arte, melodramma e moti risorgimentali, tratta questo appuntamento di Passepartout.

Un dato importante e fondativo dell’identità italica del XIX secolo è senza alcun dubbio il melodramma. La moltiplicazione delle sale è il sintomo di una società che si articola e che cambia. Il teatro diventa il luogo non solo della musica ma del convegno, dell’incontro e del dialogo. È qui che circolano le idee e il pensiero. La biografia di Giuseppe Verdi corrisponde perfettamente alla storia di una Italia che si trasforma fino all’Unità. Verdi nasce infatti nell’ambito di una classe sociale, la piccola borghesia agraria. Quando sposa la figlia di un ricco commerciante, ha la possibilità di uscire dalla sua città e di conoscere nuove situazioni.  L’amicizia con il suocero, andrà oltre anche la precoce morte della moglie, scorrendo in parallelo con gli avvenimenti che cambiarono totalmente la situazione politica italiana. A dispetto dell’immagine alla quale siamo abituati di uomo vecchio e con la barba bianca, Verdi già intorno ai trent’anni anni era ricco e famoso, una vera star dei palcoscenici italiani e internazionali, una sorta di Elvis Presley dell’Ottocento. Come icona di successo il suo nome veniva utilizzato persino per propagandare messaggi scritti che apparivano clandestini sui muri di alcune città; messaggi inneggianti all’Italia unita sotto il segno della monarchia sabauda: W Verdi, o meglio, W V.E.R.D.I.: W Vittorio Emanuele Re D’Italia. Il suo impegno alla causa risorgimentale era attivo e diretto al punto di ricevere anche la carica senatoriale, nel parlamento di un’Italia ormai unita. Daverio ripercorre le tappe della biografia del grande musicista, visitando i principali luoghi verdiani nelle sua terra d’origine, in quello che una volta era il Ducato di Parma e Piacenza. In particolare Piazza Verdi, dove c’è il teatro a lui intitolato, Casa Barezzi, Villa Sant’Agata. Pianoforti, carrozze, cimeli, ricordi domestici. La descrizione di una personalità, cosmopolita e locale, formatasi attraverso un’etica agricola e proiettata al contempo verso la modernità.

Alcuni di questi elementi si riscontrano in un’altra storia, contemporanea anche se piuttosto lontana stilisticamente, che è quella dei Macchiaioli, sui i quali è in corso una bella ed esaustiva mostra a Padova. La storia dei macchiaioli nasce in un caffè fiorentino, il Caffè Michelangelo, attorno alla figura di un vivace intellettuale, Diego Martelli. I macchiaioli sono una sorta di prima avanguardia italiana, tra il bohémien e il mondano, perfettamente in linea con le coeve esperienze dei parigini un po’ più celebrati dalla fortuna critica. Pittura comunque d’altissima qualità. Un verismo quasi impressionante a volte quasi anticipatore della visione cinematografica; una rivoluzione pittorica che è anche rivoluzione sociale e politica con la partecipazione diretta di tutti i macchiaioli alle guerre del Risorgimento.

Arte e politica
sembrano legati da un destino comune nel corso del Risorgimento pur nella diversità dei linguaggi e delle aspirazioni. Ulteriori conferme si ritrovano nelle scuole pittoriche e intellettuali che si svilupparono in altre parti d’Italia, di cui la Galleria d’Arte Moderna di Torino offre un quadro esauriente: il Piemonte sabaudo con D’Azeglio e Fontanesi, Milano con la Scapigliatura, Napoli con Mancini e Gemito.

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