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Borghesi eclettici
in onda domenica 20 marzo 2011 alle 13.25
Seconda metà del XIX secolo, gli anni della crescita del concetto democratico in Europa, gli anni dell’espansione economica europea nel mondo: Cina, Indie, Nord Africa, Medio Oriente. Gli anni durante i quali una nuova classe al potere pensa di poter divorare e digerire tutto, assimilando gusti e comportamenti aristocratici. Sono gli anni eclettici per eccellenza, gli anni dell’ascesa e del trionfo della borghesia.
Berlino, Germania, 1825. L’indagine di questa settimana comincia dalla capitale tedesca vicino al ponte più famoso della guerra fredda, il Ponte di Glienicke, quello dove si scambiavano le spie fra est e ovest, dove ci sono due castelli, tutti e due inventati dal grande architetto Schinkel per i figli di re Federico Guglielmo IV, Carlo e Guglielmo. Entrambe le costruzioni sono concepite come una sorta di architettura cocktail, un po’ gotica, un po’ pre-rinascimentale, un po’ antichizzante, un po’ arabeggiante, un po’ fabbrica ottocentesca.
Sintra, Portogallo, 1836. Nei pressi del versante estremo occidentale d’Europa, approda un principe tedesco, raffinato cultore della botanica, della musica e delle arti, con un nome chilometrico: Ferdinand August Franz Anton Kohary von Saxen Coburg Gota. Sposa la regina vedova del Portogallo Dona Maria II e diventa re Don Fernando II. Il suo castello, progettato dall’architetto Ludwig Von Eschwege, è espressione dello stesso stile eclettico sperimentato a Berlino da Schinkel e i suoi seguaci: le medesime torri da ciminiera industriale, le medesime citazioni italiane nelle logge rinascimentali, le medesime citazioni gotiche e magie orientali, con l’aggiunta di sorprendenti recuperi delle specificità stilistiche locali come il manuelino, l’incredibile super pre-barocco dei portoghesi del XVI secolo. Fin qui sembra che questo gusto eclettico sia una peculiarità solo aristocratica. Con un giro negli interni del castello si nota invece che le stanze dell’abitazione sono totalmente borghesi, nell’argenteria decorosa, nella sala da pranzo carica di “gemutlichkeit” germanica, nelle stanze da bagno che ricordano il gusto dell’eroe italico della borghesia ambiziosa, Gabriele d’Annunzio, nelle camere da letto con abat-jour e grucce, nel gran salone per il ballo, che sembra già da Grand Hotel. Ambienti adatti ad abitudini e piaceri tipicamente borghesi tra sigaro, cognac e giornale. L’aristocrazia sembra così consegnarsi al nuovo gusto che avanza.
Via Porrettana, tra Bologna e Pistoia, Italia, 1850. Lo stesso modello si ritrova curiosamente nell’Appenino Tosco-Emiliano. Qui su di un’altura posta a 407 metri sul livello del mare il conte Cesare Mattei, discendente di una ricca famiglia ferrarese, letterato, politico e medico autodidatta fece costruire il suo castello, la Rocchetta Mattei, un edificio poderoso che dopo appena cento anni ha assunto già una patina come se ne avesse mille. Una splendida scenografia che sta velocemente entrando in degrado. Un gioco di citazioni e di fusione degli stili davvero impressionante, dal medievale al moresco, in una sorta di gara di assimilazione bulimica dei gusti architettonici di tutte le epoche e le provenienze. Un folle campionario di magie costruttive ed estetiche.
Firenze, Italia, 1910. La capacità onnivora della borghesia penetrò anche in altre direzioni. In particolare Firenze conobbe nel 1910 la prima grande mostra italiana dell’Impressionismo che fu costruita attorno al collezionismo di Cézanne da parte di Egisto Fabbri, figlio di emigrati che avevano fatto fortuna a New York. Amante della pittura con delle buone velleità artistiche, Fabbri vide l’Europa e l’Italia per la prima volta nel 1885. Assiduo frequentatore del circuito artistico parigino un po’ bohèmien di quegli anni, acquistò molte opere di Cézanne, un pittore che allora costava poco, insieme ad un altro ex immigrato tedesco, Karl Loeser che come lui stava a Firenze.