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Messico e nuvole
in onda domenica 20 febbraio 2011 alle 13.25
“Passepartout”, questa settimana intraprende un lungo viaggio per raccontare la storia del Messico con quattro tappe che ben rappresentano la commistione di tutte le identità contrastanti e convergenti al tempo stesso di questo paese.
Il Messico, patria di civiltà avanzate e un po’ misteriose, spazzate via dalla conquista spagnola del XVI secolo guidata da Hernán Cortés con la conseguente caratterizzazione nei secoli successivi di paese latino, ispanico, cattolico e meticcio, così come lo conosciamo oggi. Il Messico, quello della dicotomia del XIX secolo tra volontà di seguire una linea di continuità con il passato coloniale ispanico o di seguire gli appena nati Stati Uniti d’America. Il Messico, quello che arrivò per primo al traguardo di paese rivoluzionario d’Occidente precedendo anche la Russia sovietica. E poi il Messico attuale, desideroso di dialogare con la propria storia e identità, ma anche teso a costruire il proprio futuro.
Il viaggio in Messico di “Passepartout” comincia dalla capitale, Città del Messico: Al Palacio Nacional le telecamere seguono la fitta trama del racconto dei murales di Diego Rivera con la storia del Messico dal 1521 al 1930. Il passo successivo è Gaudalajara, città storica, posto ideale per riconoscere l’identità di questo paese, in cui emerge una forte tradizione ispanica di sapore barocco, un quasi sorprendente affiorare di stilemi art nouveau che prefigurano una sorta di belle epoque in salsa messicana, un neoclassicismo ibrido colmo di citazioni che voleva negare il passato coloniale e reinventare il presente con l’ausilio della pittura che riscopriva tutta la carica esaltatoria dell’affresco utilizzato in modo non dissimile dal Rinascimento.
In questi dialoghi e contrasti architettonici ci sono tutte le tensioni e le ansie sociali, politiche e culturali che hanno investito il paese tra XIX e XX secolo, tra chi voleva seguire il percorso ispanico, chi guardava alle modernità dei vicini statunitensi, chi propugnava un più autonomo sogno rivoluzionario. Nel piccolo paese di San Gabriel, dove nacque Juan Rulfo, scrittore e intellettuale, protagonista della stagione rivoluzionaria messicana, si replicano all’infinito gli stessi modelli visti a Guadalajara: la chiesa barocca, il gazebo per la musica, il murales locale, la statua della morte onnipresente, in una esemplificazione di architetture che potrebbero anche sembrare arabe tanto sono una mutazione di stilemi mediterranei. Infine nella città di Oaxaca, quasi una tappa d’obbligo per via di quel suo centro storico dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, si scopre una grande attività di lavori in corso che vogliono ridisegnare un nuovo destino della città. Splendidi monumenti, chiese, strade, palazzi, perfettamente conservati lasciati liberamente dialogare con sculture e arte contemporanea di cui tutta la città pullula. Proprio ad Oaxaca, nella chiesa di San Domenico, il saio miserabile di San Francesco immerso negli ori, una sorta di restituzione ispanica al maltolto, spiega più di ogni altra cosa il senso profondo del Messico che può davvero specchiarsi in questo capolavoro assoluto di decorazione, in una esaltazione di tutte le ibridazioni di un paese super-ibridato per un labirinto visivo che anche da solo può valere tutto il viaggio.