Puntate

Passepartout viaggia alla scoperta dell’Argentina, la sua attenzione è rivolta allo stato dell’arte contemporanea del paese.

A Buenos Aires Philippe Daverio visita la fiera Arte-BA, e conduce una sorta di inchiesta intorno ai temi dell’arte locale, intervistando alcuni fra gli artisti più significativi della scena argentina: Felipe Noè, Daniel Santoro, Carlos Gallardo, Fernando L. Benedit, Marcelo Bordese.

Fiera che vai, arte che trovi, anche se poi le rassegne internazionali sembrano assomigliarsi un po’ tutte. Questa di Buenos Aires però ha una sua particolarità, perché testimone di un mondo che con l’arte comunica ancora pensieri forti.

Un mondo a testa in giù rispetto al nostro, geograficamente e concettualmente, dove le questioni più disparate vengono risolte dialogando con la modernità attraverso un’estetica perfettamente controllata. Come l’artista argentino che spinge il disegno al parossismo e genera paesaggi che nulla hanno a che vedere con il nuovo ordine mondiale nordamericano, quasi come un Salvador Rosa dopo una mutazione transgenica. Oppure, il brasiliano che, pur conservando sempre una naturale tendenza allo squilibrio, abbandona la tendenza bulimica della sua tradizione per diventare concettuale.

Essenzialmente in America Latina l’arte non è soltanto una questione estetica, ma sembra avere ancora il coraggio di rimanere una questione politica. Se si pensa a due grandi figure di intellettuali e artisti d’origine argentina che sono vissuti da noi diventando parte del nostro patrimonio culturale, quali Tomás Maldonado, filosofo e grande protagonista del design, o il grande artista dei tagli sulla tela Lucio Fontana, notiamo che abbiamo importato il coerente rigore teorico del primo e il perentorio colpo di coltello del secondo.

Ecco, in questo dialogo tra concetto e coltello risiede ancora il senso profondo per comprendere al meglio l’arte di Buenos Aires, una sorta di viscerale concettualità, sospesa tra pensiero e azione.