"Il 25 Aprile
non si tocca"
Che accadrebbe in Francia se, a causa della crisi, il governo decidesse di spostare la festa del 14 di luglio alla domenica più vicina? Non lo sapremo mai perché...non accadrà mai. Da noi invece prevale la memoria 'breve'. A farne le spese anche la Festa della Liberazione. Ma la Rete insorge
C’è la crisi, e adesso è chiaro a tutti. Anche a coloro i quali fino a non molto tempo fa continuavano a sostenere che tutto andava bene, che l’Italia non è la Grecia, che la nostra economia tutto sommato reggeva bene.
Obbligati dalla Ue si sono dovuti rimboccare le maniche in fretta e furia e mettere mano ai conti. Poi, per inevitabile proprietà transitiva, la mano dai libri contabili si accomoderà nelle tasche di molti italiani (ma non tutti).
Varata tutta una serie di interventi, tra riferimenti evangelici a ‘cuori sanguinanti’ e minacce quasi fisiche tra ministri del governo, sono stati varati una serie di provvedimenti nella speranza (e speriamo qualcosa di più) di salvare il Paese dal fallimento.
Obiettivo certamente più difficile da raggiungere per molti italiani, che dovranno sudare le classiche sette camicie per arrivare alla fine del mese, anzi otto - visto che già ora molti sono costretti a fare i salti mortali per far quadrare i conti.
Meno male che dopo tanto lavoro ci sono le domeniche per tirare il fiato e qualche ponte festivo. Ponte? Dimenticavamo, troppe giornate di lavoro perse che il Paese non si può permettere.
Quindi cosa cancelliamo? Le festività religiose stabilite dal Concordato Stato Chiesa non si possono toccare. Procedure troppo complicate. Tocca mettere mano a tutte le altre, comprese quelle che ad alcuni esponenti della maggioranza, e del governo, non sono mai piaciute.
25 aprile, festa della Liberazione dal nazifascismo, via!
Primo Maggio, festa del lavoro via!
2 giugno, festa della Repubblica, via!
Anzi spostate alla prima domenica o lunedì utili.
E meno male che i 150 anni dell’Unità d’Italia vengono una sola volta. Per il 200esimo saranno problemi di qualcun altro.
Il punto però non è godere o no del ponte tra la Festa della Liberazione e quella del Lavoro. Qui si parla di abolire giornate che ricordano chi ha dato la vita per l’unità di questo Paese e per la democrazia.
Senza il 25 aprile non avremmo avuto il 2 giugno, e non va dimenticato.
E questa idea di cancellare, perché di questo si tratta, tre ricorrenze importanti come queste non è passata inosservata al popolo della Rete, che si è mobilitato a sostegno dell’Anpi che questo ‘affronto alla memoria condivisa’ non lo ha proprio digerito.
L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia in un comunicato stampa esprime così la propria preoccupazione:
“Tra i provvedimenti che il Governo si accinge ad adottare, in relazione all'aggravarsi della crisi, ci sarebbe quello dell'accorpamento di alcune feste "non concordatarie" nella domenica più vicina, oppure al lunedì. Ancora una volta saremmo di fronte ad una misura che molti considerano di scarsissima efficacia e poco corrispondente all'equità e alla ragionevolezza, sempre necessarie quando si richiedono sacrifici. Un provvedimento che, guarda caso, riguarderebbe le uniche festività laiche sopravvissute (25 aprile, 1 maggio, 2 giugno), dotate di grande significato storico e di notevolissima valenza politica e sociale. L’Anpi, che è portatrice e sostenitrice dei valori che quelle festività rappresentano, non può che manifestare la propria vivissima preoccupazione e chiedere con forza un ripensamento che escluda misure di questo genere, prevedendone altre che siano fornite di sicura e pacifica efficacia, non contrastino con valori storico-politici da tempo consolidati e soprattutto corrispondano a criteri di equità politica e sociale”.
Immediate in Rete le iniziative degli internauti con raccolte di firme, appelli alle istituzioni o la creazione di gruppi sui social network più diffusi.