Iniziato lo spoglio
Quorum fissato a 504
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ROMA - A Montecitorio è iniziata la quarta votazione. Da adesso in poi per eleggere il Capo dello Stato sarà sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta fissata a 504 voti. Pdl e Lega escono dall'Aula. il centrosinistra alla prova Prodi. M5S conferma la candidatura di Stefano Rodotà
Si è conclusa a Montecitorio la terza votazione per l’elezione del capo dello Stato. Tutto come previsto, con Stefano Rodotà, che resta il candidato del Movimento 5 Stelle, e che alla fine raccoglie ancora più voti delle votazioni di ieri fermandosi a quota 250, le schede bianche sono state 465. A grande distanza seguono Massimo D’Alema che raccoglie 34 voti e Romano Prodi a 22. Il Pd ha votato scheda bianca
E il Professore bolognese è appunto la novità del giorno, il nome proposto da Pierluigi Bersani questa mattina nel corso dell’assemblea dei grandi elettori del Pd. “Il disordine che abbiamo mostrato pubblicamente deve essere immediatamente ricomposto”. Spiega Bersani ai suoi come se la scelta di Prodi fosse uno stato di necessità. Una rotta che, da un giorno all'altro, cambia di 180 gradi. Dalle larghe intese all'autosufficienza, dagli incontri con Berlusconi alla scelta del suo acerrimo avversario. Da Marini a Prodi. La proposta del segretario Pd è accolta da un lungo applauso liberatorio.
Il partito è ancora sotto choc. Troppo forte e recente l'onda di dissenso che ha travolto la candidatura dell'ex presidente del Senato. Non l'agguato di franchi tiratori ma il dissenso aperto di intere componenti del partito. I renziani, i giovani turchi, i veltroniani, i prodiani. “Siamo il più grande gruppo misto della storia”, ironizza amaro un deputato di lungo corso.
Bersani ha espresso il suo dispiacere per il destino della candidatura Marini. “Non abbiamo dato una buona prova - ammette - poi faremo delle valutazioni”, dice ai presenti quasi a promettere che quando la bufera sarà passata ciascuno si prenderà le proprie responsabilità per i troppi errori compiuti dalla campagna elettorale in poi. È già una risposta a chi scalpita per il cambiamento, come Renzi, e a chi come il Pdl accusa i democratici di trattare l'elezione del presidente della Repubblica come fosse il congresso del Pd.
Prodi sulla carta ha 9 voti meno della maggioranza assoluta richiesta per essere eletto alla quarta votazione, contando anche i vendoliani. In molti nel Pd sono consapevoli che la scelta è traumatica, gli amici di Marini avvertono la frustrazione del momento, i dalemiani coltivavano altre ambizioni, tuttavia un nuovo fallimento certificherebbe più che la bocciatura di Prodi, il tracollo del Partito Democratico. È questa la ragione che, sopra tutte le altre, milita per una immediata elezione del professore.
Ma quei 9 voti che spaventano tanto il Partito Democratico non arriveranno di certo dal Movimento 5 Stelle che ribadisce il suo candidato è e sarà sempre Stefano Rodotà. A dirlo il leader del movimento Beppe Grillo che denuncia anche continue pressioni sul giurista calabrese da parte di esponenti del Centrosinistra. A confermare le pressioni è la stessa figlia di Rodotà, Maria Laura, che su Facebook scrive: “Fantastico. Pur di non parlare col garante quelli del piddì chiamano me per convincermi a convincerlo non si sa di che”.
Alla fine a sgomberare il campo da tutti i dubbi ci pensa Stefano Rodotà in persona che alle voci di un suo possibile dietrofront risponde così: "Resto, ma non intendo creare ostacoli a scelte del movimento che vogliano prendere in considerazione altre soluzioni".
Non resta che attendere la quarta votazione di oggi pomeriggio, la prima nella quale non sarà più richiesta la maggioranza dei 2/3 ma quella assoluta, cioè il 50% più uno.