consulenza di Andrea Palladino
collaborazione di Norma Ferrara
Fratelli d'Italia non è primo solo nei sondaggi che riguardano il suo leader Giorgia Meloni, ma nell'ultimo anno e mezzo è il primo partito in Parlamento anche per numero di arrestati per 'ndrangheta. Quello dei rapporti con la criminalità organizzata è un problema che non riguarda solo i nuovi arrivati: coinvolge anche alcuni dirigenti storici del partito. Come l'ex parlamentare Pasquale Maietta, oggi autosospeso dal partito, definito da Giorgia Meloni "uno dei migliori dirigenti nazionali di Fratelli d'Italia". Mentre era deputato e tesoriere del partito alla Camera, intratteneva stretti rapporti con uno dei capi del clan Di Silvio, la famiglia mafiosa di origine sinti imparentata con i Casamonica. Pasquale Maietta è accusato di aver messo in piedi un sistema di riciclaggio e di evasione da oltre 200 milioni di euro, che avrebbe attuato anche mentre era tesoriere del gruppo di Fratelli d'Italia alla Camera e presidente del Latina Calcio. Report ha scoperto che alcune delle società che compaiono nelle carte dell'inchiesta, che vede Maietta sotto processo, avrebbero finanziato la campagna elettorale per la Camera dei deputati. La sua rete di riciclaggio arrivava fino in Svizzera e, secondo la Procura di Latina, sarebbe stata gestita dal figlio dell'avvocato di Licio Gelli. Negli ultimi tempi sembrano inoltre essere diventati più stretti i rapporti tra Fratelli d'Italia e Casapound, l'organizzazione neofascista che attraverso i suoi leader è riuscita a mettere in piedi un piccolo impero imprenditoriale che vale circa 2 milioni di euro all'anno. Durante la seconda ondata dell'epidemia, Casapound si è resa protagonista di alcuni scontri di piazza. Proprio come Forza Nuova, l'altro movimento neofascista che in questi mesi ha costruito una coalizione che comprende antivaccinisti, oppositori del 5G, negazionisti del Covid e le frange più violente del mondo ultras.
NOTA DEL 10/02/2021
Nel servizio "Cinque sfumature di nero", andata in onda il 7 dicembre 2020 avevamo dato conto di una conversazione tra un boss della 'ndrangheta a Milano e l'attuale dirigente di Casapound Marco Clemente il quale, riferendosi a un negoziante che non voleva pagare il pizzo, avrebbe detto: "Spero muoia come un cane". Le parole riportate sono state attribuite a Clemente in un provvedimento ufficiale contro le cosche del tribunale di Milano.
Il dottor Clemente precisa di "non essere mai stato intercettato telefonicamente in una conversazione con un boss della 'Ndrangheta; infatti una specifica perizia fonografia sulla voce presente nella conversazione intercettata ne esclude la seppur minima riferibilità a Marco Clemente. Quest'ultimo, per di più, disconosce le persone coinvolte e condanna fermamente, ora come allora, il tenore delle parole proferite. Si informa, in ultimo, che il signor Clemente mai è stato coinvolto, né in veste di invitato e neppure di persona informata sui fatti, nella vicenda giudiziaria nella quale l'intercettazione è stata riversata", come peraltro da noi precisato già nel corso dello stesso servizio.