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Report

"Questione di genere" e altre storie

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Il conflitto di interesse in Parlamento non ha colore politico. Dopo l’inchiesta esclusiva sugli interessi del senatore Maurizio Gasparri nella cybersicurezza, “Report” – in onda domenica 10 dicembre alle 20.55 su Rai 3 e RaiPlay con Sigfrido Ranucci - torna con “Questione di Genere” di Lorenzo Vendemiale e Carlo Tecce che riguarda, stavolta, gli affari della sinistra sui diritti civili. Il servizio svelerà le attività private di due volti di primo piano del Partito Democratico: da sempre in prima fila per la difesa dei diritti civili, fuori dal Parlamento hanno fatto di questa nobile battaglia politica un business.
Si passa, poi a “Finanziamento ai partiti” di Luca Chianca con la collaborazione di Alessia Marzi. Nel 2013 il governo Letta mette fine ai finanziamenti pubblici ai partiti. Sono passati 10 anni esatti e oggi quei partiti per svolgere la loro attività politica possono raccogliere soldi dalle donazioni dei privati e dal 2x1000 devoluto dai contribuenti. Spesso, la fonte principale di finanziamento dei partiti è data dai contributi dei loro stessi parlamentari. Lo faceva un tempo solo il Partito Comunista.
“Report” ha scandagliato i bilanci di tutti i partiti politici e delle maggiori fondazioni legate agli stessi partiti, dove i simboli politici diventano anche terreno di cause in tribunale. Come quella che riguarda l'antica fiamma del Movimento Sociale Italiano, che oggi troviamo dentro il simbolo di Fratelli d'Italia.
Chi controlla? La Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici. È composta da 5 magistrati e solo 4 funzionari che, tra partiti e fondazioni, controllano ogni anno circa 120 bilanci, le donazioni dei privati e la fedina penale di migliaia di candidati per ogni elezione, e con un budget di solo 60mila euro l'anno.
Come si convince un potenziale candidato a entrare in campagna elettorale? “Report” racconterà in esclusiva in che modo la Lega di Salvini corteggerebbe personaggi illustri per potersi giocare al meglio le prossime europee. 
Si chiude con “C’è (ancora) polvere nel ventilatore” di Giulio Valesini e Cataldo Ciccolella con la collaborazione Lidia Galeazzo e Alessia Pelagaggi. “Report” torna a occuparsi dei CPAP, BiPAP e ventilatori distribuiti in tutto il mondo da Philips, che dovevano aiutare i pazienti a respirare meglio. Nel 2021, 15 milioni di dispositivi sono stati dichiarati pericolosi per la salute dei pazienti. Philips ammise che la schiuma usata per insonorizzare il motore rilasciava una polvere potenzialmente cancerogena per gli utilizzatori. In Italia sono 100 mila gli utilizzatori di apparecchi per respirare di Philips non sicuri, il 70% in comodato d'uso attraverso la convenzione con le Asl. L'azienda olandese è chiamata a sostituire tutti i dispositivi ma a distanza di due anni, nel nostro paese ce ne sarebbero ancora circa 15 mila che nessuno sa dove siano finiti e chi li stia utilizzando, anche perché ad oggi non esiste ancora un registro che aiuti la tracciabilità dei respiratori.
Documenti interni a Philips proverebbero che i dirigenti della multinazionale olandese erano a conoscenza del grave problema da anni, ma hanno atteso prima di effettuare il più grande richiamo di sicurezza della storia dei dispositivi medici. A Milano i pazienti hanno portato Philips in tribunale promuovendo la prima class action in ambito sanitario del nostro Paese.