I figli della crisi
CAGLIARI - Sono figli degli operai e minatori in lotta nel Sulcis, e sono quasi tutti disoccupati. A turno dormiranno a Natale e a fine anno davanti alla sede del Consiglio Regionale sardo
Visto che razza di Natale li aspetta tanto vale passarlo davanti alla sede del Consiglio Regionale sardo, giorno e notte, a ricordare a tutti quanto va male. Molti sono figli degli operai e minatori in lotta nel loro Sulcis, e sono quasi tutti disoccupati, come la maggioranza assoluta dei giovani della zona. A turno dormiranno qui a natale e anche a fine anno.
Nel Sulcis poco è cambiato in un anno di disastro occupazionale. La vertenza Carbosulcis ha qualche mese di respiro e solo in attesa che venga trovato, tramite gara internazionale, un modo per renderla capace di dare profitto. L'Alcoa è spenta e vuota, il 27 si firmerà per la cassa integrazione, ma restano fuori centinaia di lavoratori d'appalto. E l'attesa per un riavvio sembra diventare sempre più vana.
E in uno dei pozzi delle miniere ormai chiuse restano murati gli operai della Rockwool, in mobilità da due anni. 54 lavoratori, tutti ex minatori, attratti a suo tempo dalla promessa di un nuovo lavoro qualificato: produrre materiali isolanti per costruzioni. Poi la proprietà è letteralmente fuggita nella notte dalla Sardegna con tutti gli impianti. Dopo quasi tre anni di lotta, la vertenza per forza è diventata estrema. Ora la promessa è che tutti vengano reimpiegati nelle bonifiche delle zone ex minerarie, da riavviare col nuovo piano governativo per il Sulcis. Ma di queste bonifiche mai fatte si parla da vent'anni, e qui nessuno si fida. Il cancello della miniera resta murato e loro dentro.