Era albanese?
Vale di meno
La vita di un operaio albanese vale meno di quella di un operaio italiano. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Torino in merito alla richiesta di danni presentata dalla famiglia di un operaio albanese morto sul lavoro in Italia
La vita di un operaio albanese vale meno di quella di un operaio italiano. Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Torino in merito alla richiesta di danni presentata dalla famiglia di un operaio albanese morto sul lavoro in Italia. Per il giudice civile, Ombretta Salvetti, ai familiari dell’uomo deceduto, che vivono in Albania, "area ad economia depressa", va un risarcimento dieci volte inferiore rispetto a quello che toccherebbe ai congiunti di un lavoratore in Italia. Altrimenti madre e padre albanesi otterrebbero "un ingiustificato arricchimento".
Il giudice ha fatto riferimento a una sentenza della Cassazione di dieci anni fa: "equilibrare il risarcimento al reale valore del denaro nell'economia del Paese ove risiedono i danneggiati". 32 mila euro a genitore e non 300 mila, come sarebbe successo se l'operaio fosse stato italiano.
Le chiamano gabbie salariali, ma questa decisione appare come una norma razzista e discriminatoria, tanto più se si tiene conto che all'operaio deceduto è stato addebitato il 20% di concorso di colpa nella propria morte.
La sentenza è stata criticata da uno dei massimi esperti di diritto civile, l'avvocato Sandra Gracis che intervistata dal quotidiano “La Repubblica” ha detto che: "In base a questo criterio del Tribunale torinese converrebbe agli imprenditori assumere lavoratori provenienti da Paesi poveri, perché, laddove muoiano nel cantiere, costa di meno risarcire i loro congiunti. Ma ribaltando la situazione che cosa sarebbe successo se il dipendente morto fosse stato del Principato di Monaco, oppure degli Emirati? Il risarcimento ai genitori sarebbe stato doppio o triplo rispetto a quello per un italiano?".
L'avvocato Gracis ricorda che la Suprema Corte un anno fa aveva affermato: "tutela dei diritti dei lavoratori va assicurata senza alcuna disparità di trattamento a tutte le persone indipendentemente dalla cittadinanza, italiana, comunitaria o extracomunitaria".
Insomma, davanti alla morte siamo tutti uguali: "Conta la morte in sé, ed una valutazione equa del danno morale che non discrimina la persona e le vittime né per lo stato sociale, né per il luogo occasionale della morte".