Baghdad 130 morti
in doppio attentato
Il bilancio delle vittime delle autobombe di oggi a Baghdad è di 132 morti e 500 feriti in un attentato che per il premier Nuri al Maliki ha l'obiettivo di ''far deragliare il processo politico'' in vista delle attese elezioni generali di gennaio prossimo
Sangue misto a calcinacci e urla di terrore nel denso fumo nero hanno fatto sprofondare oggi di nuovo nell'orrore Baghdad, dove un duplice attacco suicida compiuto nel centrale quartiere dei ministeri ha ucciso almeno 130 persone e ferite circa 500, in un attentato che per il premier Nuri al Maliki ha l'obiettivo di ''far deragliare il processo politico'' in vista delle attese elezioni generali di gennaio prossimo.
Le due autobomba guidate da attentatori suicidi sono esplose alle 10:15 locali a distanza di dieci minuti l'una dall'altra nell'affollata via Haifa, poco lontano dal Tigri e dalla superprotetta Zona Verde.
La prima ha puntato sugli edifici che ospitano il ministero della giustizia, del lavoro e degli affari sociali ed è esplosa, secondo testimoni oculari interpellati dall'ANSA, ''all'ultimo posto di blocco prima dell'ingresso del ministero della giustizia''. La seconda ha colpito invece la sede del governatorato di Baghdad, sventrandone la facciata.
Mentre il ministero della sanità parla di meno di cento morti e di 200 feriti, fonti della polizia locale riferiscono di 132 persone uccise. Centinaia, forse addirittura 500, i feriti, colpiti da schegge di muri e vetrate anche a distanza di parecchi isolati dal luogo delle esplosioni. I quattro edifici sono stati in parte demoliti dalla forza d'urto delle esplosioni e quel che rimane, secondo la protezione civile di Baghdad, non sarà utilizzabile per mesi.
La domenica in Iraq è un normale giorno lavorativo e i ministeri e il palazzo del governatorato erano tutti affollati, così come via Haifa, letteralmente squarciata in due con decine di auto e di passanti crivellati da bulloni di ferro pressati assieme all'esplosivo e ritrovati, secondo fonti ospedaliere, conficcati in molti brandelli di corpi.
Dopo poche ore sul luogo dell'attentato si è recato il premier Nuri al Maliki, in corsa alle prossime elezioni legislative di gennaio 2010. ''E' terrorismo contro il processo politico democratico, contro le elezioni libere nel nostro Paese'', ha detto il premier, assicurando che ''il governo punirà i colpevoli, dovunque essi si nascondano, chiunque essi siano''. ''Questi attentati codardi non devono indebolire la risolutezza degli iracheni di continuare il loro viaggio contro il baatismo e contro al Qaida'', ha aggiunto Maliki.
Dal ritiro delle truppe Usa dai centri abitati alla fine di giugno scorso, si tratta del secondo pesante attentato compiuto a Baghdad: l'ultimo era stato quello che il 19 agosto aveva colpito le sedi dei ministeri degli esteri e delle finanze all'interno della superprotetta - ma anche super bersagliata - Zona Verde.
In quel ''mercoledì nero'' erano morte un centinaio di persone e il governo iracheno, duramente criticato al suo interno e timoroso di perdere sostegno in vista del decisivo appuntamento elettorale, aveva accusato direttamente la vicina Siria di esser coinvolta negli attacchi, aprendo una crisi diplomatica regionale ancora non risolta.
Ma le polemiche e gli attacchi all'esecutivo di Maliki non mancano nemmeno oggi: Wihda al-Jumayli, consigliere comunale di Baghdad e appartenente a una lista rivale del premier, ha duramente criticato ''le falle del sistema di sicurezza'' del governo: ''I posti di blocco non funzionano come dovrebbero'', ha detto interpellata sempre dall'ANSA. ''In una zona cosi' sensibile - ha concluso - con tanti obiettivi civili e politici, due autobomba imbottite di tritolo dovrebbero essere fermate in tempo''.