"La democrazia
passa per il web"
Internet come luogo per eccellenza della libertà d'espressione, dove la censura non può essere tollerata. Questo il messaggio chiaro che ha lanciato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton.
Internet come luogo per eccellenza della libertà d'espressione, dove la censura non può essere tollerata. Questo il messaggio chiaro che ha lanciato il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, in un intervento dal Newseum di Washington, (museo della comunicazione e della stampa) e trasmesso in diretta on-line in tutto il mondo.
"Non vediamo la libertà di Internet solo come una questione di libertà di informazione, ma di quale tipo di mondo vogliamo. Vogliamo vivere in una società dove c'è un solo Internet, o vogliamo vivere in un mondo dove l'informazione e la conoscenza a cui si ha accesso dipendono dal Paese in cui vivi?".
Un discorso ad ampio spettro sulle potenzialità della rete, quello di Hillary Clinton, che però non deve diventare strumento in mano a terroristi, criminali o pedofili. Internet può essere il mezzo per portare molti paesi alla libertà. In molte nazioni infatti i blog, le e-mail, gli sms hanno aperto la strada alla nuova informazione libera.
NO CENSURA, SI SICUREZZA. "Ci sono barriere e muri virtuali che vanno abbattuti, oggi, come un tempo abbiamo abbattuto i muri della repressione, e il muro di Berlino. Blog, video, messaggi, social network, hanno un ruolo fondamentale. Per diffondere verità e giustizia - ha affermato la Clinton-. Ci sono pericoli, perché la Rete aperta è stata utilizzata anche da Al Qaeda per lanciare minacce contro il mondo e reclutare terroristi. E' utilizzata per pornografia e pedofilia, per rapimenti, mercati neri. Ma non serve la censura, come hanno fatto Cina, Tunisia, Arabia Saudita, Vietnam o Uzbekistan, per combattere chi usa Internet per scopi malvagi. Continueranno a esserci e dobbiamo esserne consapevoli. Dobbiamo aumentare la sicurezza, coordinare gli sforzi contro gli hacker in grado di minacciare la nostra economia, le banche online, l'e-commerce. Dobbiamo assicurare la sicurezza dei nostri network. E i paesi o gli individui che organizzeranno cyberattacchi dovranno affrontarne le conseguenze e la condanna internazionale"
APPELLO ALLA CINA. Il segretario di Stato Usa ha rivolto un appello alle autorità cinesi di avviare una inchiesta, "minuziosa" e trasparente" sui recenti casi di pirateria informatica avvenuti nel paese. La Clinton ha chiesto inoltre alle aziende americane di rifiutare la censura su Internet, criticando di fatto l'atteggiamento che Google ha tenuto in passato in Cina, prima di subire un recente attacco informatico, censurando i risultati sul suo motore di ricerca. "Spero che il rifiuto di appoggiare la censura politica diventerà una caratteristica delle imprese americane nel settore delle tecnologie - ha detto il Segretario di Stato - vorrei che diventasse una sorta di marchio nazionale". Sull'inchiesta che la Cina dovrebbe a suo avviso svolgere, la Clinton ha detto che "ci aspettiamo dalle autorità cinesi che organizzino una inchiesta minuziosa sulle intrusioni informatiche", aggiungendo che "vogliamo inoltre che questa inchiesta e i suoi risultati siano trasparenti".
Il 12 gennaio, Google aveva minacciato di ritirarsi dalla Cina dopo avere scoperto di essere stata vittima di un attacco informatico proveniente dal paese stesso.
L'ex first lady ha inoltre ricordato l'importanza di Internet e delle nuove comunicazioni, come i messaggi telefonici, anche nella vicenda di Haiti, sia per i salvataggi che per gli aiuti e le donazioni mandate tramite la rete.
Hillary Clinton auspica la massima libertà di accesso a Internet.
LA RISPOSTA DEL GOVERNO CINESE. La Cina reagisce con durezza alle critiche rivoltele ieri dal segretario di Stato americano Hillary Clinton, che l'ha accusata di limitare il libero accesso ad Internet. In una nota pubblicata sul suo sito web, il ministero degli Esteri afferma che le accuse degli Usa "negano la realtà e danneggiano le relazioni tra i due Paesi."
"Internet in Cina è aperta e la Cina è il Paese più attivo nello sviluppo di Internet" prosegue la nota, che poi sottolinea che "alla fine dell' anno scorso i frequentatori abitualidella Rete hanno raggiunto la cifra di 384 milioni e ci sono 3,68 milioni di website e 180 milioni di blog".
Sull'idea della Clinton di creare un'unica rete mondiale: "La Cina ha la sua situazione nazionale e le sue tradizioni culturali e gestisce Internet in accordo con le sue leggi e con le pratiche internazionali. La Costituzione cinese garantisce ai cittadini la libertà di opinione" aggiunge il ministero.
La nota si conclude esprimendo la "speranza" che gli Usa "rispettino gli impegni presi dai leader dei due Paesi" per uno sviluppo delle relazioni, "portandole in una nuova fase, rafforzando il dialogo, la comunicazione e la collaborazione" e "affrontando i disaccordi e le difficoltà in modo appropriato".
LA SITUAZIONE ITALIANA. Intanto in Italia il Governo si appresta a discutere, tra le polemiche, un nuovo decreto legislativo impostato dal viceministro alle Attività Produttive, Paolo Romani, per il mondo dei media che comprende televisione, internet, pubblicità e cinema indipendente. Il decreto, che sarà discusso il prossimo 27 gennaio, suscita già molte polemiche. La bagarre si è scatenata su quattro questioni fondamentali: la cancellazione delle norme a sostegno delle produzioni indipendenti di fiction e cinema, la limitazione degli affollamenti pubblicitari per il satellite e i canali a pagamento, l’esclusione del tetto del 20% stabilito dalla legge Gasparri dei canali pay e di quelli che ripetono programmi e, infine, il giro di vite sul web, derivante dall’inclusione di internet nella disciplina riguardante i siti che trasmettono non occasionalmente immagini.
Il decreto Romani porterebbe nel web delle regole tipiche di altri media, come per esempio la televisione, con non pochi rischi per realtà ben più articolate come per i siti di file sharing. Il decreto insomma dà ai provider su internet le stesse responsabilità delle emittenti televisive, con la differenza che la tv crea e trasmette contenuti, mentre il web si limita a mettere a disposizione le proprie piattaforme agli utenti.
Dal canto suo, il viceministro Paolo Romani si difende, assicurando che il decreto “non intende censurare il diritto di informazione in rete e tantomeno incidere sulla possibilità di manifestare le proprie idee e opinioni attraverso blog e social network”. Restano perplessi gli internauti e gli operatori del settore, che vedono la proposta come un giro di vite sul web.