Bombe sulla folla
E' strage di civili
GUARDA LA DIRETTA
In poche ore la Libia sprofonda nella guerra civile. A Tripoli l'aviazione bombarda la folla dei manifestanti. Almeno 250 i morti. Incendiato il Parlamento. Si spara nelle strade. Migliaia di stranieri in fuga sono in attesa all'aeroporto della Capitale. Molti sono già partiti
In poche ore la Libia sprofonda nella guerra civile. A Tripoli l'aviazione bombarda la folla dei manifestanti. Almeno 250 i morti tra i civili. Incendiato il Parlamento. Si spara nelle strade. Migliaia di stranieri in fuga sono in attesa all'aeroporto della Capitale. Molti sono già partiti. Non è chiaro se parte dell'esercito si sia schierato con i manifestanti anti Gheddafi, ma nelle tre città più grandi del Paese si continua a combattere.
A Bengasi le fonti ospedaliere parlano di almeno 280 morti. E il bilancio è destinato a salire, visto che il regime libico ha deciso di reprimere con forza qualsiasi manifestazione contro Gheddafi. Intanto fonti locali affermano che nella capitale della Cirenaica diverse unità dell’esercito sarebbero passate dalla parte dei manifestanti.
E non si sa ancora che fine abbia fatto il leader Muammar Gheddafi. Secondo l’agenzia France Presse il Colonnello avrebbe lasciato il Paese per rifugiarsi in Venezuela. Ieri sera è stato il figlio, Salif al-Islam, a parlare alla nazione in diretta tv assicurando che la Libia non è né l'Egitto né la Tunisia. Il messaggio è chiaro, i Gheddafi non si arrenderanno e non si dimetteranno…almeno per il momento.
"Fermatevi o sarà guerra civile - ha detto il figlio di Gheddafi - se non arriviamo oggi a un accordo sulle riforme, non piangeremo solo 84 morti, ma migliaia e in tutta la Libia scorreranno fiumi di sangue".
E intanto dall'Unione Europea arriva l'appello dell'alto rappresentante della politica estera dell'Ue, Catherine Ashton, che ha chiesto alle autorità libiche di fermare “subito” le violenze contro i manifestanti.
Ma i libici, dal canto loro hanno lanciato una minaccia alle Ue: se l'Unione Europea non cesserà di sostenere le rivolte in corso nei Paesi del Nord Africa e in particolare in Libia, Tripoli cesserà ogni cooperazione con la Ue in materia di gestione dei flussi migratori.
Dall'Italia arriva l'appello del ministro degli esteri Frattini: "il processo di riconciliazione nazionale deve partire in modo pacifico arrivando poi ad una Costituzione libica: sarebbe un obiettivo fondamentale". Il ministro degli esteri ha espresso grande preoccupazione "per il fatto che si stanno affermando ipotesi come quelle di emirati islamici nell'est della Libia. A poche decine di chilometri dall'Europa questo costituirebbe un fattore di grande pericolosità", ha detto il ministro. "Sono molto preoccupato per una Libia divisa a metà, tra Tripoli e la Cirenaica", ha ribadito Frattini.
E intanto, si iniziano a fare sentire le ripercussioni sul prezzo del petrolio, che sui mercati asiatici ha superato 87 dollari al barile. Per le consegne di marzo il prezzo di riferimento è salito di 1,17 dollari a 87,37 dollari al barile a mezzogiorno di Singapore. E si temono ritorsioni anche contro l'Europa.
Grande preoccupazione anche per le migliaia di lavoratori stranieri presenti in Libia. A tripoli un cantiere gestito da una società sudcoreana è stato assaltato. 18 lavoratori del Bangladesh sono rimasti feriti ma si teme che il bilancio possa aggravarsi.