Niente ergastolo per Biot: condannato a 30 anni in primo grado

09 marzo 2023 ore 20:35
Documenti segreti e relazioni ai servizi: le rivelazioni nell’ultima udienza Il capitano di fregata Walter Biot è stato condannato dal Tribunale militare di Roma, presieduto dal giudice Filippo Varrone, a 30 anni di reclusione. Biot era a processo con l’accusa di aver venduto a un addetto dell’ambasciata russa in Italia, Dmitri Ostroukhov, delle informazioni coperte da segreto di Stato e da segreto Nato, in cambio di 5mila euro. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo per ognuno dei tre capi di imputazione, con sei mesi di isolamento diurno, mentre l’avvocatura dello Stato, costituita parte civile per il governo, si era accodata alla richiesta dei pm, chiedendo anche 2 milioni di euro di risarcimento danni per il danno reputazionale per l’Italia. Nel corso della requisitoria dei magistrati della procura militare, Giorgio Rolando e Antonella Masala, e dell’arringa della difesa di Biot sono emersi alcuni aspetti inediti del caso. Quasi tutte le udienze si sono tenute a porte chiuse per il rischio che venissero divulgate informazioni che avrebbero potuto mettere in pericolo la sicurezza nazionale.
Le fotografie dei documenti effettuate da Biot non hanno fatto parte del processo, nonostante le costanti richieste degli avvocati della difesa di Biot. Si è scoperto però, durante l’arringa dell’avvocato Roberto De Vita, che la procura militare non ha permesso di verificare l’effettiva segretezza del materiale Nato fotografato da Biot: i pm non hanno permesso infatti alla commissione d’inchiesta militare di conoscere il contenuto dei documenti. Un elemento che è stato sottolineato anche da alcuni testimoni durante il dibattimento: alcuni generali di collegamento con la Nato hanno affermato che l’Alleanza Atlantica non sa quali documenti siano stati violati né quali informazioni siano state compromesse perché non c’è stata possibilità di una verifica. Le accuse dei magistrati si basavano su dei video che riprendevano Biot alla sua scrivania fotografare lo schermo del computer nel suo ufficio al ministero della Difesa. Si è scoperto che Biot, nonostante avesse il Nos, l’autorizzazione per l’accesso ai documenti più riservati, non aveva la possibilità di visualizzare dal computer del suo ufficio le informazioni classificate, perché mancava una connessione adeguatamente protetta. L’autorizzazione di Biot, inoltre, non gli permetteva di avere accesso autonomo e diretto agli archivi nemmeno dalle postazioni autorizzate all’interno del ministero della Difesa, da cui si accede attraverso dei rigidi controlli. Nel corso della requisitoria dei pm è emerso invece che tra i documenti che Biot avrebbe sottratto ci sarebbero le indicazioni delle operazioni dei paesi della Nato contro l’Isis, in particolare della situazione delle forze marittime nel Mediterraneo, delle criticità sul fronte sud dell’Alleanze, del monitoraggio dello spazio aereo, e la valutazione del rischio sulle “standing naval forces”, unità sempre pronte in caso di situazioni di crisi. Nei documenti si parlerebbe anche delle rotazioni, ovvero della partecipazione e del tipo di impegno dei diversi eserciti all’interno delle operazioni. Nella sua ricostruzione della vicenda, l’avvocato De Vita sottolinea come ci sia stata una vera e propria “esclusione” della procura militare dalle indagini: a differenza della procura civile, i pm militari hanno appreso la notizia di reato non da un’informativa del Ros dei Carabinieri, che hanno gestito le indagini dopo un impulso dell’Aisi, i servizi di sicurezza interni, ma dagli articoli di stampa successivi all’arresto di Walter Biot. Durante il processo è stata fatta chiarezza anche su una vicenda che Report aveva raccontato nell’inchiesta“Il cimitero delle spie” del 9 maggio 2022, quella relativa a Giovanni Battista Panzera, storico di Cormons, in provincia di Gorizia. Panzera nel 2019 organizza una commemorazione nel cimitero di Brazzano a cui partecipano Dmitri Ostroukhov e Aleksej Nemudrov, il diplomatico a cui Biot avrebbe tentato di vendere le informazioni riservate e l’addetto militare dell’ambasciata russa, entrambi espulsi dall’Italia nel marzo 2021.

Dopo quell’incontro una nota dei Carabinieri, svelata per la prima volta da Report, affermava che i due russi erano agenti del Gru e che stavano cercando di arruolare Panzera, anche se se ne ignorava il motivo. Questa nota arriva fino all’Aisi, i servizi di sicurezza interni. Durante il processo è emerso però che il carabiniere che aveva scritto quella nota non aveva assunto nessuna informazione diretta sull’effettiva appartenenza di Ostroukhov e Nemudrov ai servizi e sul tentativo di arruolamento dello storico Panzera. «Si basava su una mia presunzione», ha detto il carabiniere davanti ai giudici, nonostante nella nota avesse scritto altro.

10/03/2023: IL CASO DELLA NOTA INVIATA AI SERVIZI ITALIANI BASATA SU UNA "PRESUNZIONE" E NON SU INFORMAZIONI CERTE
Il diplomatico russo a cui Walter Biot avrebbe ceduto informazioni coperte da segreto di Stato per 5mila euro era un agente segreto russo? Da quanto è emerso nel corso del processo al capitano di fregata, condannato a 30 anni in primo grado dal Tribunale militare di Roma, una delle fonti di questa affermazione sarebbe stata solo una "presunzione" di un luogotenente dei Carabinieri di stanza in Friuli. Nell'inchiesta "Il cimitero delle spie" del 9 maggio 2022, Report aveva ricostruito la storia di una nota inviata da un carabiniere di Gorizia all'Aisi, i servizi segreti interni, secondo cui Dmitri Ostroukhov e Aleksej Nemudrov, due diplomatici russi espulsi dall'Italia dopo l'arresto di Biot nel marzo 2021, erano agenti sotto copertura del Gru. Secondo la nota, i due russi avrebbero cercato di arruolare Giovanni Battista Panzera, uno storico locale di Cormons, in provincia di Gorizia, durante una commemorazione al cimitero militare di Brazzano. L'informazione viene tenuta in grande considerazione dai nostri servizi. Durante il processo è emerso però che il carabiniere che aveva scritto l'informativa non aveva assunto nessuna informazione diretta sull’effettiva appartenenza di Ostroukhov e Nemudrov ai servizi russi, né sul tentativo di arruolamento di Panzera. «Si basava su una mia presunzione», ha detto l'uomo davanti ai giudici.

Altre news