Due sentenze riaprono la disputa sull’eredità di Gianni Agnelli. Il gip di Milano ha disposto la riapertura delle indagine sulla sparizione di 13 opere d’arte (tra cui capolavori assoluti di artisti come Picasso e Monet) dalle case dell’Avvocato dopo la morte di Marella Caracciolo. Questo patrimonio artistico, come raccontato da Report, doveva essere segnalato dal ministero della Cultura e portarlo senza autorizzazione fuori dall’Italia è un reato punibile con il carcere. La Corte di Cassazione poi ha disposto che il Tribunale civile di Torino motivi meglio il suo stop al processo sulla contesa tra Margherita Agnelli e i tre figli John, Lapo e Ginevra Elkann: i giudici torinesi avevano deciso di attendere l’esito di tre procedimenti analoghi in Svizzera, la Cassazione ha chiesto di motivare maggiormente.
Nella causa davanti i giudici torinesi è in ballo un patrimonio miliardario e il controllo della galassia societaria Agnelli, da Stellantis a Ferrari, la Juventus, fino ai quotidiani La Repubblica e La Stampa. Si riapre quindi l’inchiesta della procura di Milano sulle opere sparite della collezione di Gianni Agnelli. Lo ha disposto lo scorso dicembre la giudice Lidia Castellucci, che ha chiesto al pm Eugenio Fusco di proseguire le indagini sulla scomparsa di molte opere contese tra Margherita Agnelli e i figli John, Lapo e Ginevra Elkann, dopo la morte dell’Avvocato e della moglie Marella Caracciolo. Si tratta di opere di inestimabile valore di Picasso, Bacon, Monet, De Chirico, Balthus, Gérome e Balla: molte di queste - come raccontato negli scorsi mesi da Report - dovevano essere tutelate dal ministero della Cultura con un vincolo, tracciandone la posizione e l’eventuale uscita dal territorio nazionale. Per questo motivo, la giudice di Milano ha dato sei mesi ai magistrati di verificare le movimentazioni dei quadri «consultando tutte le banche dati tenute presso i competenti uffici, compresi quella del ministero della Cultura e la piattaforma Sistemi Uffici Esportazione».
Proprio quello che aveva provato a fare Report la scorsa estate con un accesso agli atti, senza successo al momento: i tre fratelli Elkann hanno fatto ricorso al Tar del Lazio, dopo che il ministero guidato da Gennaro Sangiuliano aveva dato il via libera. Il tribunale amministrativo ha dato però ragione agli eredi degli Agnelli, dando maggiore risalto alle «ragioni di riservatezza e sicurezza degli Elkann» piuttosto che a «l’interesse pubblico». Esportare opere d’arte sotto tutela o che dovrebbero esserlo senza autorizzazione del ministero è un reato punibile con una pena da 1 a 4 anni, una multa di 80mila euro, e la confisca dell’opera stessa: anche per questo è importante conoscere la collocazione esatta delle opere e se sono ancora in Italia o meno, non solo per sapere del destino di un bene tutelato dalla Costituzione, anche se di proprietà di un privato, chiunque esso sia. Il gip ha poi chiesto al pm di domandare a due testimoni mai sentite, le governanti di fiducia di Marella Caracciolo, se ricordino le opere d’arte presenti nelle case al momento dei traslochi. Dalle testimonianze raccolte nell’inchiesta “
Compra l’arte e mettila da parte” di Manuele Bonaccorsi e Federico Marconi, “La melanconia di una strada” di Giorgio De Chirico sarebbe stata portata in Svizzera nei giorni dei traslochi.
Ora spetterà alla procura di Milano fare ulteriore chiarezza sulla vicenda. La Corte di Cassazione, sempre a inizio dicembre, ha disposto che il Tribunale di Torino motivi meglio le sue decisioni sulla contesa ereditaria che vede coinvolti Margherita e i figli Elkann. Al centro della disputa, come raccontato da Report nell’inchiesta “La signora degli Agnelli”, c’è il controllo delle quote della Dicembre: società che a cascata controlla tutto l’impero creato da Gianni Agnelli e ora guidato da John Elkann. Sulla vicenda pesa la definizione della residenza abituale della signora Caracciolo: sarebbe stata in Svizzera secondo i documenti, ma la ricostruzione e le testimonianza raccolte gettavano forti ombre su questo. Stabilire che l’eredità Agnelli-Caracciolo debba essere in Italia, invece che in Svizzera, permetterebbe al nostro paese di intascare centinaia di milioni di euro di imposte di successione non pagate.
Rivedi le inchieste “
Compra l’arte e mettila da parte” e“
La signora degli Agnelli”